
Spesso la natura è in grado di regalarci dei capolavori che sarebbe assolutamente impensabili riuscire a realizzare autonomamente: insomma, come sarebbe possibile riuscire a realizzare dei becchi così belli come quelli che la natura ha messo al posto della bocca agli uccelli? Impossibile. Vediamo quali sono i 7 becchi più sorprendentemente belli.
Il tucano e il colibrì
Cominciamo con quelli che a parere mio risultano essere i migliori tra tutti per complessità e per eleganza insieme: parlo dei becchi del tucano e del colibrì. Si tratta di due uccelli di diverse dimensioni, ma ognuno dei quali presenta un becco fantastico, oltre che utilissimo in entrambi i casi.

Il tucano, soprattutto la varietà toco, ha un enorme becco, di colore arancione acceso, con la punta che generalmente è nera. E’ il becco più iconico di tutti, quello che, senza vederlo, lo ricordi all’istante. Sembra ingombrante, ma in verità è utilissimo, perché aiuta il tucano a regolare la temperatura, a mangiare e a incantare tutti quelli che lo guardano.
Il colibrì, invece, ha una caratteristica fondamentale: è velocissimo. E nel suo becco ci mette dentro quello che serve per nutrirsi, ovvero quel nettare che tira fuori infilando il becco lungo e stretto nei fiori con il fusto lunghissimo. La sua sembra una danza perfetta tra cibo e volatilità, in perfetto stile leggerezza.
Avocetta, rinoceronte e pellicano
Passiamo a tre uccelli che sembrano usciti da un cartone animato, tanto sono speciali nella loro complessità. Si tratta dell’avocetta, che è il classico uccello sorridente, con un becco sottile e slanciato, che sembra sorridere, appunto. Uno dei pochi che davvero ti guarda con garbo, mentre va alla ricerca di invertebrati qua e là.

L’uccello rinoceronte è una vera e propria scultura. Se ci pensi, potrebbe essere paragonabile a una figura mitologica, a un essere che esiste perché lo vedi, ma potresti anche semplicemente averlo immaginato e ti illuminerebbe lo stesso, senza se e senza ma, come se fosse uscito da un racconto di fiabe.
E poi l’amico pellicano, un classico dal becco lungo e ricurvo, un pescatore che non ha confronti o specialisti dello stesso calibro: infatti, usa il becco per pescare quasi avesse una sacca elastica che si riempie a piacimento e che si libera dall’acqua mentre è direttamente in volo. Uno spettacolo già solo a pensarci.
Ibis scarlatto e kiwi
Restano due prelibatezze dal becco strano e insolito, di cui voglio parlarti perché, secondo me, rappresentano quello che di tanto bello la natura ha saputo regalarci. Si tratta in prima battuta dell’ibis scarlatto, chiamato scarlatto per il piumaggio rosso fuoco: ha il becco molto curvo e verso il basso, che usa con incredibile eleganza, per cercare vermi e piccoli crostacei nel fango.

E poi il kiwi, che già dal nome fa ridere così com’è, perché oltre a rappresentare la Nuova Zelanda, che è chiamato kiwi per via del ciuffo stravagante che si ritrova in testa. E’ un uccello raro, ma bellissimo che regala una magia spettacolare, fatta dalle sue narici all’insù, un aiuto concreto per andare alla ricerca di cibo.
Questi uccelli di cui ti ho detto, conosciuti alcuni e un po’ altri, sono sicuramente il richiamo verso iun rispetto profondo nei confronti della natura, che regala sempre cose stupefacenti, anche affascinanti a volte, e spesso è in grado di deliziarci con questi capolavori che sanno di unico e solo nella nostra stravaganza.
Cose che non sai sul becco degli uccelli
Tutti voi penserete che il becco dell’uccello ha un’unica finalità, che è quella collegata alla ricerca del cibo. Assolutamente poco veritiera come risposta, in quanto il becco si tramuta in uno strumento multitasking che aiuta sotto diversi punti di vista, a cominciare dal richiamo, con la produzione di suoni.

Ma quello che sicuramente ti risulta molto incredibile da credere è l’effetto speciale del becco nel corso dell’accoppiamento: è praticamente il criterio su cui si basa la scelta da parte del partner; quindi, più sei vistoso, più sei vincente, una specie di messaggio genetico che non passa mai inosservato praticamente.
La natura ci parla spesso attraverso quelle cose che non risultano a primo acchito determinanti; invece, abbiamo in questi proprio la conferma che ci sia un movimento verso la conoscenza da parte nostra di cose che spesso non conosciamo e che abbiamo il dovere di sapere per poter tutelare questa realtà nella sua stravaganza e varietà